Don Giovanni

Francesco. —...In verità non che si piacessero l'uno all'altra; piacevano tutti e due alla Natura che aveva da formare un marmocchio e doveva prendere con le loro zampe la castagna dal fuoco. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

— A mastro Vanni gli piacerebbe levar le castagne dal fuoco collo zampino di Piedipapera. (G. Verga, «I Malavoglia»)

E spiegò meglio la sua idea, cavare le castagne dal fuoco con le zampe del gatto; tirar l'acqua al suo mulino, e se capitava d'acchiappare anche il mestolo un quarto d'ora, e di dare il gambetto a tutti quei pezzi grossi che non era riuscito ad ingraziarsi. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

Fabrizio. — Questo si chiama cavare la castagna dal fuoco colla mano altrui. Che vada Lindoro fuori di casa, e mi comprometto di guadagnare l'animo di Zelinda. (C. Goldoni, «Gli amori di Zelinda e Lindoro»)

Francesco. — Ho fatto molto soffrire. Ci avevo il pelo sul cuore. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

«È il pelo sullo stomaco che hanno», queste le voci che correvan sul conto della loro ricchezza. (G. Testori, «Il ras»)

Io non ci ho il pelo nello stomaco, come tanti altri, non so tener rancore. (G. Verga, «Mastro-don Gesualdo»)

— Adagio, Biagio! — andava raccomandando a sé stesso — qui non si scherza. (E. De Marchi, «Col fuoco non si scherza»)

Signore. — Ohè, amico, andiamoci adagio con l'asino! Che ho di strano che fai gli occhi scannati?. (V. Brancoli, «Don Giovanni involontario»)

Viene il 1 maggio e un impiegato... ci regala una macchina da scrivere. Lucia ha pane per i suoi denti e ogni notte si stampano manifestini con evviva all'Armata Rossa e con parole d'ordine contro la guerra. (A. Cervi, «I miei sette figli»)

Cominciavo però a dubitare fra me della vantata omnipotenza del mio Don Giovanni. S'egli vien qui, pensavo, troverà pane pe' suoi denti. (F. Dall'Ongaro, «Novelle»)

—...Mille volte ho giurato di essere più forte della bestia che ho dentro di me; e tuttavia la bestia me la fa quasi sempre. (M. Puccini, «Ebrei»)

Francesco. — Nò, no tu non me la fai!. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

«Vai vai» diceva «non ti chiedo d'essere quello che non sei, soltanto non tentare di farmela, intesi?». (G. Piovene, «Le furie»)

...mentre lo dicevo ho pensato: non sono un coniglio... te l'ho fatta. (A. Moravia, «Il conformista»)

Talino... mi strizzava l'occhio come se ridesse ancora per avermela fatta. (C. Pavese, «Paesi tuoi»)

Madre. — Mali cristiani, che cosa gridate? Bocche d'inferno!. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Signore. — Tuo padre, Claretta, mi darà un intasafedine tale!.. Lui ch'è stato sempre manesco. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

«E a chi deve piacere, un figlio, se non alle donne, disgraziata che sono? Perché, invece di mandare l'astio, non ringraziavo il Signore a lingua strasciconi per avermi dato un figlio così bello che le ragazze me lo mangiavano con gli occhi?. (V. Brancati, «Il bell'Antonio»)

Francesco... — Le donne non valgono nulla. Tu vali più di loro tutte insieme. Chi vuoi di loro? Te la porto qui a lingua strasciconi. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Padre. — A casa mia, nella casa di suo padre, nella casa dove vive sua madre, egli deve stare con due piedi in uno stivale!. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Signore. — Ma insomma? Ognuno dorme e mangia come vuole. Siamo liberi o no? Perché te la pigli tanto?. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Io non capisco, professore, come lei se la pigli tanto. (B. Fenoglio, «Il partigiano Johnny»)

Angelo (a Francesco). — Ancora un momento! Vai troppo per le spicce. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Zanetto. — Dice il proverbio, chi à tempo non aspetta tempo. (C. Goldoni, «I due gemelli veneziani»)

Servetta. — Eh, la signora non vuole arrivare tardi. Chi ha tempo non perda tempo!. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)

Padre. — Cose fuori della vita! Sciocchezze che farebbero addormentare un uccello mentre vola. (V. Brancati, «Don Giovanni involontario»)